IL TRANSUMANESIMO: L”IDEA PIU’ PERICOLOSA DEL MONDO”?

( Markus Krienke )

A sostenere questa tesi è uno dei pensatori più autorevoli al mondo, il famoso politologo della Stanford University Francis Fukuyama.

Al fine di comprenderla meglio e permettere un nostro giudizio, bisogna costatare che sicuramente si tratta di una delle idee più potenti e influenti del nostro tempo, che indirizza finanziamenti e risorse, determinando sempre di più sia la ricerca che la politica. Allo stesso tempo, però, è opportuno allargare lo sguardo e considerare che in tutte le epoche le varie culture cercavano sempre di “migliorare” l’essere umano che troppo spesso commette errori di conoscenza o morali e affronta il peso della limitatezza della propria natura fisico e intellettiva.

Anche l’umanesimo stesso, all’interno di questo orizzonte, è una forma culturale che nello specifico ha prodotto il nostro consenso “occidentale” circa la dignità della persona, i diritti, le scienze ecc., e realizzandosi attraverso l’arte, il pensiero, la letteratura, la religione. In questa varietà di espressioni culturali, l’umanesimo è caratterizzato da un elemento determinante ossia la consapevolezza del limite della natura umana: essa può trovare il suo perfezionamento solo come compito morale.

L’essere umano dell’umanesimo trova il “senso” dell’esistenza dunque nel compito di “trascendersi” verso lo spirito o la religione. Per i transumanisti, però, questo “programma” etico, spirituale o religioso è malriuscito, ed essi trovano nelle possibilità tecnologiche finalmente il modo sicuro e programmabile di superare i limiti stessi della natura umana, segnata da molte imperfezioni quali soprattutto le malattie e la morte.

L’“uomo nuovo bello”, con i mezzi tecnologici moderni, finalmente è in grado di organizzare e “produrre” la propria evoluzione, invece di lasciarla al caso naturale con le sue molte imperfezioni.
Anzi, la specie umana proprio non ha più bisogno di comprendersi come “corona della creazione” e reclamare per sé una dignità superiore a tutti gli altri viventi. Non è stata proprio questa “hybris” a portare allo sfruttamento della natura e all’estinzione di molte specie? Al prezzo di questi “crimini”, così i transumanisti, i “vecchio uomo” avrebbe organizzato la società, la politica e la cultura.

Da Yuval Harari a Ray Kurzweil ed Elon Musk, i transumanisti “vanno oltre” questo “uomo antiquato” (Günther Anders): invece di comprenderlo come “creato” dalla natura o da un creatore divino, lo concepiscono come “prodotto” da un’evoluzione finalmente “organizzabile” grazie alla tecnologia.
O con le parole dello stesso Bostrom: «Il transumanesimo sostiene che la natura umana è migliorabile con l’applicazione della scienza e con altri metodi razionali, metodi che potrebbero permetterci di aumentare la durata della vita umana in piena salute, di incrementare le nostre capacità fisiche ed intellettuali e di controllare il nostro stato mentale e il nostro umore».

Impiantare chip che aumentano la memoria o le capacità visive fino a vedere nel buio, interfacce tra cervello ed internet, o varie altre forme di ibridizzazione tra uomo e tecnica – il risultato si chiama “cyborg” – sono innovazioni già oggi possibili per cui per la professoressa emerita dell’Università della California Donna Haraway l’“essere cyborg” in un futuro non lontano e forse già presente sarà la nostra ontologia e ci darà la nostra politica.

Si comprende allora perché il transumanesimo è una delle idee più potenti del nostro tempo, anche perché realizza questo programma con la potenza della tecnologia e inizia a guadagnare terreno anche a livello politico. Ma è anche una delle idee «più pericolose» (Fukuyama) in quanto l’oltrepassamento dell’uomo nella sua natura finita e imperfetta (“trans-umanesimo”) è in fin dei conti una vera e propria negazione della natura umana e quindi dell’uomo stesso.

Ma anche di questo rischio ci avvertono le culture e in primis l’umanesimo: laddove l’essere umano si mette troppo al centro e pensa di poter “produrre” da solo la perfezione di se stesso, è destinato a perdersi.
Infatti, il programma dell’umanesimo è meno il perfezionamento dell’essere umano quanto la sua riconciliazione con i propri limiti. Perché solo all’interno dei propri limiti, l’essere umano può essere pienamente valorizzato e accettato, considerando la sua esistenza sotto tutte le sue potenzialità e quindi nella libertà di potersi realizzare. O per dirlo con le parole del filosofo francese Emmanuel Mounier: «L’insofferenza dei nostri limiti deriva in gran parte da ciò, che noi li consideriamo troppo di frequente sotto il loro aspetto negativo. Il limite è nello stesso tempo il disegno, la superficie sensibile e la bellezza stessa della personalità. Come la linea (la silhouette) del nostro corpo, il limite è l’immagine contenuta dalla forza che opera in noi. Rinnegarlo, di solito, non significa elevarci al di sopra di lui, ma optare per l’inconsistenza».

Perché infine il transumanesimo potrebbe essere considerata l’«idea più pericolosa del mondo»? Decisamente non per un rifiuto “fobico” della tecnica con i suoi innumerevoli vantaggi per l’umanità, ma perché è una sorta di “religione 2.0” senza dèi e senza culto, o una “mitologia postmoderna”, con effetti deumanizzanti in quanto sull’altare della perfezione tecnologica l’umanità rischia di sacrificare la libertà.

Ben vengano quindi eventi culturali di sensibilizzazione come la conferenza con partecipazione internazionale sul transumanesimo, organizzata dall’Istituto Universitario Sophia (IUS) a Loppiano (FI) lo scorso 14 maggio, i cui contributi saranno presto resi disponibili su youtube.

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