La Sardegna muove un pò le acque della politica italiana, sebbene concretamente si esageri ad andare oltre la valenza locale, ma soprattutto sommuove bruscamente quelle dell’isola. Contrariamente alle previsioni degli ultimi mesi il Centrodestra perde, per un soffio, la Presidenza della regione sarda, che per la prima volta va ad una donna, Alessandra Todde, insieme al primato, finora mai raggiunto, della prima volta per i Cinquestelle alla guida di una regione. Non è poco. Si aggiunga che Todde vince sul filo di lana, appena per lo 0,4 per cento, addirittura ancora meno secondo ultimi riconteggi in corso, mentre le liste del centrodestra vincono abbondantemente su quelle del centrosinistra, oltre il 6 per cento di scarto. Quasi una beffa elettorale.

Insomma ci sono tutti gli elementi per serie riflessioni su ognuno dei versanti politici, ex terzo polo compreso, se si pensa che la variegata alleanza attorno a Renato Soru si ferma a poco più dell’8%, non raggiungendo quindi la soglia necessaria di sbarramento del 10% e restando quindi fuori dal Consiglio regionale. Azione di Calenda, tra l’altro insieme a +Europa, appena l’1,5%, con scenari di virata in arrivo per future alleanze.

Sebbene rimanga solo e comunque un importante test regionale, quello delle elezioni sarde, ci sono parametri di approfondimento da esperire cautamente nei tavoli romani. Era dal 2015 che il centrosinistra non riusciva a strappare al centrodestra una regione in cui questo governava, mentre in Sardegna una alternanza, in pratica, c’è da tanto tempo tra le due coalizioni.

Si dica subito che è stata questa, soprattutto, la vittoria, anche personale, della candidata Alessandra Todde, indicata dai Cinquestelle e fatta propria da tutto il centrosinistra: una donna amata e premiata dall’elettorato sardo, che le ha riconosciuto, vicinanza, capacità, esperienza, valore politico. E’ indubbiamente piaciuta più di Paolo Trozzu, il candidato del centrodestra. Manager e imprenditrice, laurea in ingegneria e informatica, esperta di innovazione tecnologica, deputato nazionale, già sottosegretario e viceministro, è entrata subito in sintonia con la gente al punto da favorirla oltre i partiti delle liste d’appartenenza di coalizione, incassando un buon voto disgiunto.

Ovviamente fenomeno opposto sul fianco del centrodestra, sostanzialmente penalizzato dal candidato Paolo Truzzu, il Sindaco di Cagliari, fortemente voluto da Giorgia Meloni, che non solo prende tanti meno voti delle liste che lo appoggiavano, ma addirittura registra un distacco del 20%, con la sfidante, nella città di cui è primo cittadino; una sonora bocciatura politica, di cui ad onor del vero, si è assunto subito la piena responsabilità personale.

Nel mezzo tante frizioni politiche, dallo scarso risultato della Lega, sotto il 4%, di fatto accusata dagli alleati anche di un possibile voto disgiunto, al Pd che è il primo partito, ma è stato costretto a cedere la preziosa candidatura a presidente ai rivali Cinquestelle, che tra l’altro prendono meno voti della volta precedente. Da questo momento potrebbe prendere più forma e forza il cosiddetto campo largo a sinistra, ma sempre di più alle condizioni di Giuseppe Conte. Nel Pd comunque il risultato sardo fa prendere fiato e resistenza alla leadership discussa di Elly Schlein, in attesa delle europee.

Il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, ottiene un ottimo risultato, oltre il 13%, praticamente uguale a quello del Pd, senza precedenti per la destra nell’isola. Forza Italia discreta affermazione poco sopra il 6%, bene i moderati centristi autonomisti di Sardegna al centro, oltre il 5%, mentre come dicevamo male la Lega. Quasi 8% i Cinquestelle, buona performance, sebbene perda 2 punti percentuali rispetto al 2019. Male invece per Renato Soru e per Italia viva di Matteo Renzi che però non aveva lista, appoggiando dall’esterno, e male in particolare Azione di Carlo Calenda, che per la prima volta parla della possibile prospettiva di necessaria alleanza con Pd e il nemico di sempre Cinquestelle. Miracolo della politica che con i suoi test elettorali muove l’ottovolante. Vedremo cosa accadrà però dentro Azione con questa eventuale, clamorosa, svolta annunciata. In ogni caso il terzo polo non c’è mai stato e non c’è più ed anche Calenda, oltre Renzi, ne è ormai consapevole.

Meloni dovrà riflettere sull’eccesso di sicurezza, a cominciare dai nomi rigidamente indicati, Salvini sulla sua crisi elettorale e il comportamento nelle urne sarde dei suoi, Tajani accontentarsi della percentuale raggiunta nell’inizio del dopo-Berlusconi.

Esce certamente vincente, nonostante voti di lista in fondo non straordinari, Giuseppe Conte, che ha avuto il merito di trovare la candidata giusta per la Sardegna e averla saputa imporre al Pd, che tra quattro mura dovrà continuare a pensare seriamente sul da farsi all’interno e all’esterno.

Non bisogna però dimenticare che le elezioni regionali sono consultazioni locali, con tante liste nei vari schieramenti che poi non compaiono nelle elezioni politiche nazionali. Quindi i due quadri non sono rigidamente comparabili. Quanto all’assegnazione dei seggi in Sardegna, vigendo il premio di maggioranza, ben 36 scranni vanno alla coalizione della Todde, il resto al centrodestra.

 

Più nel dettaglio. È il Pd il partito che ha ottenuto il risultato migliore alle elezioni regionali. Col 13,8%  e oltre 94mila voti, i dem fanno poco meglio di Fratelli d’Italia, che arriva al 13,6% (con quasi 93mila voti), nell’isola il risultato migliore mai ottenuto alle regionali. Per la Lega, invece, è proprio un flop, specie rispetto a cinque anni fa: appena il 3,8%, pari a 25.589 voti. In totale il centrosinistra ha ottenuto 290.318 voti, pari al 42,6%, il centrodestra 333.050, cioè il 48,8%. Ci sono quindi ben sei punti di distacco fra le liste di coalizione, a favore del centrodestra. Il voto disgiunto, quindi, imputato da più voci a Lega e Partito sardo d’azione, ma non bisogna generalizzare e semplificare, ha molto penalizzato il candidato presidente Paolo Truzzu, FdI, che con 327.695 voti ha ottenuto il 45%. Con oltre 53 mila voti, il M5S è al 7,8%, secondo partito della coalizione del cosiddetto Campo largo di centrosinistra che sostiene la vincitrice Alessandra Todde e alla quale il premio di maggioranza assegna 36 seggi, compreso il suo, nel nuovo Consiglio regionale. A seguire l’Alleanza Verdi Sinistra col 4,7% e quasi 32mila voti.

Si configura così la composizione del nuovo Consiglio regionale della Sardegna.

I seggi da assegnare sono 60: due vanno alla candidata presidente vincente, Alessandra Todde, e al candidato arrivato secondo, Paolo Truzzu del centrodestra. Resta fuori dal Consiglio, invece, il candidato governatore gunto terzo, Renato Soru, che fu Presidente tempo fa, che non ha superato la soglia di sbarramento del 10%.
Tutti gli altri posti in Consiglio sono così assegnati. Nella maggioranza di centrosinistra 11 seggi vanno al Pd, 7 al Movimento 5stelle, 4 ad Alleanza Verdi e Sinistra, 3 rispettivamente alla lista Uniti per Alessandra Todde, ai Progressisti, a Sinistra futura e Orizzonte Comune. Un seggio a Psi-Sardi in Europa.
Nella minoranza di centrodestra 7 seggi vanno a Fratelli d’Italia, 3 a Forza Italia, Riformatori e Sardegna al centro-20Venti, 2 a Lega, Partito Sardo d’Azione e Alleanza Sardegna-Pli, 1 all’Udc.

Nota di colore politico certamente la buona affermazione per Camilla Soru del Pd, figlia di Renato Soru e avversaria del padre in questa competizione elettorale, che entra in Consiglio regionale con ben 3.600 voti.

Per le liste riepilogando, anche ai fini dei confronti: Partito democratico ha preso il 13,8% dei voti complessivi, davanti a Fratelli d’Italia con il 13,6%. Seguono poi il Movimento 5 stelle (7,8%), Forza Italia (6,3%) e l’Alleanza Verdi-Sinistra (4,7%). In fondo c’è la Lega con il 3,7%, mentre +Europa e Azione che sostenevano Renato Soru hanno conseguito l’1,5%.